Comunicazione e lockdown: la sfida del corporate storytelling durante e dopo il Coronavirus

Gli effetti del lockdown avranno un impatto non solo sulla comunicazione di crisi che è al momento in corso, ma anche sulla comunicazione da adottare durante la fase 2, quella della ripresa.

Dallo smartworking all’aperiskype, in che modo l’ultimo mese ha cambiato radicalmente il modus vivendi di persone e aziende? Le misure di lockdown adottate in risposta alla pandemia dovuta all’infezione da coronavirus, che da due piccole aree in Veneto e Lombardia si sono allargate a tutta l’Italia nella prima metà di marzo, hanno modificato le abitudini di vita delle persone, lavorative e di consumo. Basti pensare, ad esempio, che il 75% di chi ha comprato online nell’ultimo mese non l’aveva mai fatto prima (fonte: Forbes).

 

Ma cos’è il lockdown?

Il significato del termine si riferisce ad una situazione in cui viene imposto alle persone il divieto di libera entrata e uscita da un determinato luogo in ragione di una situazione d’emergenza. L’ultimo episodio rilevante di “Lockdown” in Europa prima di quello determinato dall’emergenza covid-19, ha interessato la città di Bruxelles nel 2015, bloccata per 5 giorni a causa della minaccia terroristica.

5 giorni, però, non sono abbastanza per determinare un cambiamento persistente nelle abitudini delle persone e dunque influire in modo significativo sulle modalità di comportamento. Occorrono infatti almeno 21 giorni per radicare un’abitudine, cioè per rendere un cambiamento duraturo nel tempo. Imprese e realtà professionali hanno dovuto in tempi rapidissimi rivedere le proprie modalità di organizzazione del lavoro, di interazione con i clienti e con i consumatori. Molti fra i cambiamenti avvenuti permarranno durante la fase 2 di ripresa, alcuni saranno duraturi.

 

Come cambia la comunicazione corporate durante il lockdown?

La comunicazione aziendale è chiamata in questo momento a mantenere e rafforzare il legame fra l’impresa e la sua community, tanto dal punto di vista della comunicazione istituzionale che della comunicazione interna. L’impossibilità di contatto fisico, lungi dal diminuire la nostra socialità, la reindirizza verso nuove forme di interazione digitale che necessitano di di comunicazione specifici.

Nell’incertezza dilagante, la capacità di mantenere un dialogo trasparente e continuo con i propri dipendenti favorisce la coesione e il mantenimento della fiducia nel proprio datore di lavoro, tanto più nel caso di progetti di comunicazione d’impresa ad hoc legati ad approfondire l’attualità, spesso affiancati da un’attività di media planning. Per quanto riguarda invece la comunicazione esterna, mantenersi rilevanti e vicini ai propri clienti e consumatori potrebbe più di prima essere la chiave di volta per vincere la concorrenza.

Senza dubbio, la condizione di incertezza rappresenta per aziende e professionisti un terreno fertile per il consolidamento della propria thought leadership. In questo momento, sposare cause comuni significa infatti mettersi al servizio della comunità nella lotta al coronavirus, attraverso azioni di varia natura, dalle donazioni a progetti di finanziamento, a prestazioni gratuite.

Cosa succederà, invece, durante la fase 2? La vera sfida, come hanno sottolineato oltre 150 accademici, è definire una strategia di ripartenza che possa far riguadagnare il terreno perduto, visto che, come previsto da Confindustria, il calo del Pil italiano dovuto al lockdown sarà significativo: pari al 10% per il primo semestre 2020. Una sfida in cui la componente della comunicazione e dello storytelling è fondamentale in quanto contribuisce a mantenere alta la credibilità delle imprese e, più in generale, del nostro Paese, hanno affermato Luca Barabino e Federico Steiner nella lettera aperta alla business community italiana.

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