Finanza e diritto...a parole

Beni relazionali: alla ricerca della felicità

Inizia il 2021 per “Finanza e Diritto…a parole”. Vogliamo iniziare l’anno raccontando di una rivoluzione silenziosa che niente e tutto ha a che vedere con la finanza e con il diritto. Ma andiamo con ordine. C’è una cosa che economia e finanza hanno da sempre ricercato: la produzione di ricchezza. Anche le società, i soggetti giuridici per eccellenza, hanno quale scopo l’esercizio di un’attività economica che deve generare profitto, cioè ricchezza.

Eppure, mentre nel Settecento inglese Adam Smith argomentava la ricchezza delle nazioni, in Italia, a Napoli con Antonio Genovesi e a Milano con Pietro Verri la scienza economica veniva definita come “scienza della pubblica felicità”. Genovesi può essere liquidato dagli scettici quale prete buonista che trasla l’etica e la morale in terreno economico, ammettiamolo pure. Ma lo standing indiscusso di Verri quale esponente dell’illuminismo italiano serva a lasciarci il dubbio che, forse, anche alla luce della ragione economia e felicità sono più legate di quanto non sembri.

Questa rivoluzione silenziosa, come la definisce l’economista Giacomo Beccattini (toscano, che tanto ha studiato e discusso della piccola economia locale) che il covid ha per certi aspetti reso rumorosissima e rapidissima nei risultati, è quella degli studi di economia e felicità. Una rivoluzione che inizia negli anni 70 e che vede esperti di economia, psicologia, scienze sociali, elaborare teorie a partire da un assunto empirico di base, tanto semplice quanto sconcertante. Oddio, per noi oggi forse meno sconcertante, ma perché oramai siamo sensibilizzati al concetto di sostenibilità e in particolare la sostenibilità sociale la capacità di garantire il benessere di persone, comunità, territori.

Ma per quegli anni di consumismo sfegatato in cui tanto più possedevi tanto più avresti dovuto essere felice (o almeno così prometteva la réclame), constatare attraverso tanti, diversificati e approfonditi esperimenti che in realtà la correlazione tra reddito e felicità era bassissima se non inesistente, deve essere stato un colpo brutto. Assai. Questo sconcertante risultato della inversa proporzionalità fra reddito e felicità è conosciuto come il paradosso di Easterlin, economista inglese fra i massimi esponenti dell’economics of happiness.

Forse anche per questo la rivoluzione era silenziosa, perché andava di traverso rispetto ad un establishment che continuava a ritenere che accrescere il benessere economico avrebbe accresciuto la felicità delle persone e dunque il benessere generale.

Anche se qualche voce fuori dal coro c’era, c’è sempre stata. Tanto per fare un esempio pop, chi si ricorda di Richie Rich? L’attore è lo stesso di Mamma ho perso l’aereo ma la serie, prodotta negli anni 80 e poi il film, mettevano in scena un fumetto degli anni 50. Richie, il bambino più ricco del mondo, poteva comprare tutto ma non aveva amici sinceri. Se li farà poi, tra mille peripezie, come succede nelle storie per bambini.

E che cos’è l’amicizia? Arriviamo al fulcro di questa rivoluzione silenziosa. Che ha tutto che vedere con la finanza e il diritto perché si tratta di un “bene” in grado di regolare la società. Niente a che vedere perché questo bene non ha un valore economico, né è suscettibile dell’esercizio di un potere.

Si tratta del cosiddetto bene relazionale, il solo in grado di fornire una lettura del paradosso di Easterlin che non faccia dell’uomo un essere condannato all’infelicità. Voi direte, ma fino ad ora l’economia non ha studiato le relazioni fra le persone? Sì, ma le relazioni fra gli agenti economici razionali sono sempre state connotate quali vie per generare un profitto. Una compravendita è ben riuscita se l’acquirente risparmia ma il venditore guadagna, per esempio. La componente relazionale è in tutto e per tutto subordinata e strumentale al perseguimento di un interesse di natura economica.

Invece, il bene relazionale che oggi è alla ribalta identifica una relazione completamente scollegata da un ritorno economico, anzi alle volte essa stessa è un “costo” se vogliamo leggerla adottando una prospettiva da agente economico razionale. Una relazione che risponde ai criteri di gratuità e che è dettata da motivazioni dette intrinseche, cioè quelle più profonde che non rispondono neanche un po’ ad una logica né economica né finanziaria.

Se è vero che in questa stagione sarà un approccio sostenibile a guidare economia, finanza e società, allora è al bene relazionale e alla sua valorizzazione che bisognerà guardare. E, forse, ci sarà una nuova, vera ricchezza da raggiungere, incentrata sui concetti di fiducia, relazione e felicità.

 

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Questo era il primo numero del 2021 di “Finanza e diritto…a parole”, la nostra rubrica di comunicazione legale su Mag di Legalcommunity che adotta un approccio di storytelling per esplorare principi, regole e concetti legali ed economico-finanziari. Fiducia, felicità, relazione sono concetti che abbiamo esplorato sul nostro blog dal punto di vista della comunicazione. Ma anche materie apparentemente più aride e meno legate alle emozioni hanno avuto illustri esponenti che di questi temi hanno scritto, argomentato. Ci è sembrato allora utile soffermarci sul “bene relazionale”, a testimonianza del fatto che le emozioni attraversano ogni tipo di sapere e attività ed è nostro compito, da comunicatori, liberarle dalla “polvere” di excel o faldoni perché possano ritrovare tutta la loro forza. 

categorie: opinioni e attualità