Barabino & Partners Insights

La comunicazione riscopre la fiducia

La fiducia torna alla ribalta e si configura quale ingrediente principale nella relazione fra brand e pubblico. Ma, per comprendere fino in fondo il reale peso che questo valore avrà nel presente e nel futuro delle dinamiche della comunicazione e del marketing, occorre fare un passo indietro.

Che cosa significa, davvero, fiducia?

Secondo il vocabolario Treccani, “fiducia” è un atteggiamento, cioè un modo di comportarsi. Se correntemente la fiducia viene identificata come un valore, nell’ambito delle pubbliche relazioni, della comunicazione, del dialogo, è necessario recuperare la consapevolezza che “fiducia” significa comportamento, modo di agire. Adottando questo punto di vista, anche la lettura dei dati relativi alla fiducia, oggetto di numerosi report, fra i principali l’Edelman Trust Barometer, può condurre a consapevolezze più profonde nella gestione del business e della comunicazione corporate e di prodotto. Prendiamo ad esempio il Golin/Harris Trust Survey, che misura il grado di fiducia nella società americana. Già nel 2002, quasi il 70% degli intervistati affermava di non sapere più a chi credere. E se la fiducia è un comportamento, il non sapere a chi credere implica una stasi, un blocco. Tradotto, un non acquistare un prodotto, un servizio.

Ma andiamo avanti, riprendendo la definizione di fiducia. La fiducia è un atteggiamento che risulta da una valutazione positiva di fatti, circostanze, relazioni. Qui emerge l’importanza del ruolo della comunicazione. Infatti, occorre mettere il pubblico a conoscenza dei fatti, delle circostanze e delle relazioni che riguardano un dato brand o realtà professionale. Informazioni che, se il pubblico valuterà positivamente, attiveranno l’atteggiamento di fiducia.

Un atteggiamento che è percepito come fondamentale dai professionisti della comunicazione, di aziende, istituzioni pubbliche e NGO, come rileva l’European Communication Monitor 2020. Il report infatti registra quale principale “strategic issue” da qui al 2023 proprio “building and maintaining trust”. Interessante rilevare come l’issue sia più rilevante per i professionisti appartenenti ad organizzazioni governative (49.2%), poi per quelli appartenenti a società di consulenza (42.5%), a organizzazioni no profit (39.7%) e, in ultimo, per i professionisti della comunicazione in house (37.8%).

 

 

Specularmente, l’ultima indagine Eurispes pubblicata il 30 gennaio 2020 relativa all’Italia, attesta che meno del 15% esprime fiducia nel sistema delle Istituzioni del nostro paese. La confusionaria gestione dell’emergenza coronavirus, sia dal punto di vista operativo che di comunicazione di crisi, si inserisce quindi in un clima già penalizzante per il rapporto cittadini-Stato. Un’affermazione che più volte è stata ripetuta.

Una più efficace domanda da porsi però è: penalizzante ok, ma per che cosa?

Qui arriviamo al cuore del concetto di fiducia. Infatti, conclude la definizione, fiducia è un atteggiamento che […] generalmente produce sicurezza e tranquillità.

Due condizioni, fisiche ma soprattutto mentali ed emotive, che riguardano la persona ancor prima del consumatore. Due condizioni che, in ultima analisi, hanno molto a che vedere con l’essere felici. Infatti, il World Happiness Report 2020 indica la fiducia fra i fattori cardine della felicità.

 

Fiducia e beneficio del dubbio

Essere in grado di destare sicurezza e tranquillità nell’animo del proprio pubblico presenta un ulteriore aspetto positivo che il report Ipsos del 2018 Unlocking The Value Of Reputation definisce “the benefit of the doubt”.

Fiducia e beneficio del dubbio sono direttamente proporzionali e la loro relazione diventa fondamentale nei casi di gestione e comunicazione di crisi. “Quando credi in qualcuno, gli concedi il beneficio del dubbio. Se quella persona finisce nei guai, ascolterai la sua versione della storia prima di saltare alle conclusioni”. Quanto più la fiducia nel brand è forte (cioè quanto più è capace di farti sentire sicuro e tranquillo), tanto più si è propensi a essere dalla sua parte.

I numeri parlano chiaro: tra le persone che si fidano molto di un’azienda, più della metà (59%) afferma di darle senz’altro il beneficio del dubbio in una crisi. Tra le persone che si sentono neutrali, invece, la percentuale si riduce ad appena il 10%.

Essere quindi in grado di costruire, mantenere e stimolare un atteggiamento di fiducia, soprattutto in un momento storico di incertezza e cambiamenti quale quello che stiamo vivendo, significa creare le condizioni affinché una persona si senta sicura e tranquilla. Naturalmente, queste condizioni di sicurezza e di tranquillità non esisteranno davvero per la persona fino a quando non ne verrà a conoscenza. Per questo la comunicazione è fondamentale.

Ecco che alcuni punti del report speciale Brand Trust and the Coronavirus Pandemic, elaborato da Edelman Trust Barometer 2020, acquistano un nuovo peso. Fra i pillars individuati al fine di mantenere la fiducia del pubblico nel brand durante la pandemia, c’è: “Communicate with emotion, compassion and facts. Brands should focus all efforts on finding appropriate and meaningful solutions to the problems people are facing today. People are reassured by positive brand actions and commitments. Communicate with empathy to help both inform and calm. E a cosa serve “informare e tranquillizzare” se non a consolidare sicurezza e tranquillità nelle persone?

 

 

La sfida sta quindi nella capacità di costruire, a supporto di scelte di business che vadano consapevolmente nella stessa direzione (punti 1, 2 e 3 della chart sopra), una comunicazione di brand o di prodotto dove sicurezza e tranquillità non siano il messaggio, ma lo scopo strategico, la condizione d’animo verso cui condurre e mantenere il proprio pubblico di riferimento.

 

 

categorie: opinioni e attualità