Le presidenziali USA 2020 si sono rivelate uniche sotto molti aspetti. Sono state quelle con la maggiore affluenza registrata nella storia e hanno visto affrontarsi candidati diversissimi nell’approccio come nei programmi. Una settimana molto tesa, seguita in tutto il mondo, che ha scatenato un dibattito acceso riguardo le sorti di un paese che rappresenta ancora nell’immaginario comune il più alto esempio di democrazia.
“Se Netflix avesse prodotto una serie TV sulle elezioni americane, non avrebbe avuto altrettanta immaginazione”, ha affermato Marco Lastrico, CEO di B&P USA, in apertura del dibattito organizzato da Barabino & Partners, occasione per un’analisi e lettura delle più tormentate elezioni presidenziali Usa. In effetti, la pandemia da coronavirus, i disordini che hanno attraversato l’America, il coprifuoco, le proteste che hanno acceso il paese hanno reso questa corsa alla Casa Bianca ed. 2020 del tutto particolare.
Il virus che ha sconvolto le elezioni americane
Il covid e le sue conseguenze hanno sparigliato le carte in tavola. Come ha rilevato Dante Roscini, Professor of Management Practice alla Harvard Business School, la pandemia “ha sconvolto tutte le previsioni, altrimenti – certo, nessuno può dirlo con certezza – avrebbe vinto Trump”. L’America è arrivata a queste elezioni dopo un periodo di crescita dall’insediamento di Trump nel 2017, che ha rinvigorito la fiamma con “uno stimolo fiscale molto molto forte”. Ma il covid ha completamente sconvolto l’economia e il secondo trimestre è stato uno fra i 10 peggiori in termini di PIL nell’ultimo secolo”.
Questo ha comportato un profondo stravolgimento nella società americana. “Alcune fasce di popolazione hanno sofferto di una recessione lampo”, afferma Roscini, “che si è inserita in un clima già teso che l’amministrazione Trump ha contribuito a costruire in questi anni, esasperando le tensioni razziali e sociali”. L’impatto del covid sull’economia reale è stato forte, in particolare “da non sottovalutare il fenomeno della disoccupazione in impennata, che ha colpito soprattutto le classi sociali più svantaggiate e la sfiducia dei piccoli imprenditori per una ripresa rapida”, sottolinea.
La corsa è avvenuta in questo clima economico e sociale, che ha mostrato un’America spaccata fra rosso e blu. Ma è confortante osservare che “così tanti siano andati a votare. È entrata la politica nella vita della gente più di prima” e se per certi versi un netto ripudio di Trump poteva essere auspicabile, alla fine non c’è stato. E questo, come rileva il Professore, è una grande vittoria per la democrazia. “l’America ha vissuto 4 anni molto tesi in cui si è temuto per tenuta delle istituzioni democratiche. L’assenza dell’“onda blu” che in molti si aspettavano ha dimostrato che la democrazia ha funzionato, delineando “un equilibrio forte che avrà conseguenze anche economiche”.
E adesso che succede? Per comprendere a fondo il perché della politica di delegittimazione che Trump sta portando avanti ai danni di Biden, bisogna considerare alcuni aspetti non scritti delle elezioni presidenziali. Di norma, quando, ad un certo momento dello spoglio, i voti che rimangono non sono sufficienti per cambiare i risultati, i media fanno quello che si dice “call the election” e designano il nuovo Presidente. Da quel momento fino al 20 gennaio, corrono due procedure parallele. La prima è quella della formalizzazione dell’elezione (ogni Stato certifica i voti, voto dei Grandi Elettori che il Presidente del Senato riceve e poi il Congresso conta). La seconda è quella del “passaggio di consegne” fra il presidente uscente e il suo team e l’entrante e il suo team. La prima procedura, spiega Roscini, “è una formalità amministrativa che avviene automatico” ma ora “non si capisce come si procederà”, è una cosa mai successa prima.
L’impatto delle elezioni sui trend della comunicazione politica e corporate
Dal punto di vista della comunicazione, le presidenziali USA 2020 ci lasciano almeno due consapevolezze.
Una comunicazione politica sempre più social
“Trump settantenne ha cavalcato i social in modo egregio”, in entrambe le sue campagne e durante la presidenza. Ma l’aspetto fondamentale di un cambiamento che è “here to stay” è il che “ha fatto tante cose direttamente da Twitter che è diventato un mezzo quasi ufficiale, con dei pericoli notevoli”.
Una comunicazione corporate che vira verso il brand activism
A fronte di una comunicazione istituzionale della presidenza in carica divisiva e conflittuale, alla luce della situazione sociale inasprita dal coronavirus, molte aziende hanno iniziato a comunicare “proponendo di diminuire il gap tra razze, ceti, incentivare persone a votare”, espressione in realtà di un cambiamento più profondo, rileva Roscini. “Quello che stiamo vedendo è che c’è un ripensamento di dove siamo arrivati con il capitalismo. Ad oggi si è rivelato il metodo migliore per creare ricchezza ma il problema è che la spartisce male”. Le tematiche di ESG e ridistribuzione della ricchezza saranno dunque sempre più centrali, in un movimento che vuole lasciarsi la shareholder economy alle spalle e costriuire una vera stakeholder economy.
* * *
Dante Roscini è Professor of Management Practice alla Harvard Business School, dopo una straordinaria carriera nella finanza – in Europa, Usa e Far East – ai vertici internazionali di alcun delle più grandi Financial firm del mondo: Goldman Sachs, Merrill Lynch e Morgan Stanley.
Il webinar, dedicato ai consulenti B&P, è stato introdotto da Marco Lastrico, Ceo di Barabino & Partners USA LLC.
categorie: opinioni e attualità