DA CSR COMMITMENT A ESG IDENTITY: perchè è necessario un cambio di paradigma nell’approccio alla sostenibilità

Il 22 giugno 2020 viene pubblicato in Gazzetta Ufficiale il Report UE «Taxonomy: Final Report of the Technical Expert Group on Sustainable Finance»: 67 pagine di sommario e 600 allegati tecnici per classificare i principali settori economici in base alla loro capacità di adattarsi o mitigare i cambiamenti climatici. Il documento è parte del piano per il raggiungimento delle zero emissioni entro il 2050 e segna un cambio di passo nell’approccio alla sostenibilità che molti attori presenti sul mercato dovranno adottare.

 

Finora, una delle grandi problematiche della concreta applicazione e valutazione di un approccio ESG è stata quella della grande varietà di certificazioni e regolamentazioni presenti, tale per cui comparare l’impegno di entità economiche e finanziarie risultava complesso. Questo non ha comunque impedito l’avanzamento del “rimodellamento completo della finanza” annunciato dalla tradizionale lettera annuale ai CEO edizione 2020 di Larry Fink: per la prima volta nella storia, nell’agosto 2020 a Wall Street i guadagni dell’indice S&P ESG battono quello tradizionale e all’indomani delle elezioni USA i portafogli virano sulla green economy per un allineamento con le politiche annunciate da Joe Biden, Presidente eletto.

 

 

1 – L’ascesa dell’approccio ESG

 

Un approccio adottato dal mercato a partire da metà anni 2010, quando gli investitori hanno iniziato a prestare attenzione ai dati ambientali, sociali e di governance (ESG) come, ad esempio, informazioni sulla carbon footprint, sulle politiche del lavoro, sulla composizione del consiglio di amministrazione. Oggi, i dati ESG sono ampiamente utilizzati dagli investitori. In fase di screening, alcuni escludono chi presenta un basso rating ESG, assumendo che questo sia indicativo di risultati economici più deboli. Altri ricercano esclusivamente gli “high ESG performers”, aspettandosi che comportamenti ESG compliant esemplari portino a risultati finanziari superiori.

 

In effetti, la crisi generata dal Covid19 ha dimostrato che le aziende gestite secondo politiche di lungo termine e in linea con i megatrend sociali come l’inclusione e il cambiamento climatico siano più resilienti di fronte a shock e difficoltà inattese. Nel primo trimestre del 2020, i fondi aperti sostenibili globali (fondi comuni d’investimento e ETF) sono cresciuti per 40.5 miliardi di dollari in nuovi capitali, un aumento del 41% rispetto all’anno precedente (Blackrock, “Resilience amid uncertainty”, maggio 2020). Questo dimostra che, in un periodo di straordinario ribasso del mercato, gli investitori vanno verso la garanzia della sostenibilità, smentendo la preoccupazione, spesso avanzata prima della crisi COVID, che, in caso di flessione del mercato, gli investitori non avrebbero più ritenuto prioritaria la sostenibilità.

 

La “Tassonomia” fornita dall’Unione Europea arriva dunque quando la sensibilità dei mercati alle tematiche ESG è matura e si propone di fornire i criteri per verificare la sostenibilità degli operatori di mercato in termini di allineamento ai principi di CSR previsti dall’Ocse, nonché ai principi di salvaguardia dei diritti umani previsti dall’Onu. Il primo step operativo è previsto per dicembre 2021. Per allora, il settore finanziario dovrà adempiere ad obblighi definiti di indicazioni da fornire riguardo l’attinenza alla Tassonomia sia dell’intero fondo che delle strategie che dei prodotti finanziari offerti. Altrettanti obblighi incomberanno agli operatori soggetti alla rendicontazione NFRD: aziende quotate con oltre 500 dipendenti, banche e assicurazioni.

 

 

2 – La nuova sfida per aziende e istituzioni finanziarie: il passaggio da CSR Commitment a ESG Identity

 

Ma che cosa sta cambiando? Perché ci troviamo all’alba di una nuova era in termini di impegno sostenibile? Qual è la profonda rivoluzione che la Tassonomia sancisce definitivamente? E qual è dunque la sfida che aziende e istituzioni finanziarie dovranno affrontare?

 

C’è un cambio di prospettiva, di focus, che comporta delle enormi conseguenze nel ripensamento delle strategie di mercato di aziende e istituzioni finanziarie: l’Unione sposta l’esame della sostenibilità, intesa quale conformità ai criteri ESG, dal prodotto al produttore, dall’output all’identità. E lo rende uniforme e obbligatorio. Se prima era “ciò che fai” e “come lo fai” ad essere valutato, ora si tratta di rendere “ciò che sei” ESG compliant.

 

In quest’ottica, perde terreno l’impegno CSR inteso quale complesso di attività e iniziative che affiancano il business e avanza l’urgenza di individuare i criteri ESG che identifichino il business per poi integrarli nella corporate identity.

 

 

3 – Come e perché si costruisce la ESG Identity?

 

Questa è la sfida principale: costruire la ESG identity dell’azienda, della banca, del fondo, dell’sgr. La leadership aziendale dovrà identificare un nuovo paradigma di gestione in cui i parametri ESG siano integrati sia dal punto di vista strategico che operativo. E dovrà poi comunicarlo. Anche qui, le strategie di comunicazione finora adottate andranno riviste alla luce del cambiamento.

 

Solo in questo modo sarà possibile presentarsi al mercato in modo coerente al fine di stimolare l’interesse di investitori, non solo privati ma anche pubblici: gli Stati e l’Unione Europea, nell’erogazione dei finanziamenti, si atterranno infatti ai criteri della Tassonomia.

 

Quindi, come agire? Su cosa concentrare la propria attenzione? Come costruire l’Identità ESG di aziende e istituzione finanziarie in modo che, oltre ad adempiere un obbligo normativo, si generi un vantaggio competitivo?

 

a) Che cosa non fare: adottare un approccio “box ticking”

 

Va abbandonata la convinzione che siano sufficienti azioni semplici, che basti spuntare una “lista della spesa” fatta di una migliore divulgazione dell’impegno ESG, della pubblicazione di un bilancio di sostenibilità o dell’organizzazione di un evento di investor relations focalizzato sulla sostenibilità.

 

Spesso chi intraprende un percorso del genere non riesce a trarne davvero beneficio. A delusione e frustrazione, possono aggiungersi anche critiche e reazioni negative da parte degli investitori, dei consumatori o del pubblico più in generale. L’approccio “box ticking” diffuso in questi anni, che in prima battuta sembra senz’altro la strada più semplice, ha una ulteriore controindicazione: incoraggia l’adozione di attività ESG sempre più standardizzate, spesso motivate unicamente da un allineamento a benchmark e best practice di settore. Queste attività possono, in apparenza e nel breve periodo, avere un impatto positivo sulla reputazione della società e sui profitti. Le aziende ne traggono chiari benefici sotto forma di efficienza operativa, ad esempio.

 

Ma un approccio standardizzato non impatta sull’identità dell’azienda: agisce “a valle”. Certo, ha avuto quale risultato che oggi questo tipo di sforzo è necessario per rimanere competitivi sul mercato e non venire esclusi. Competitivi ma non differenzianti.

 

b) I vantaggi della costruzione della ESG Identity

 

Incorporare i criteri ESG nel DNA di un’azienda o un’istituzione finanziaria è possibile solo attraverso un percorso strutturato e strategico di lungo termine in cui management e comunicazione (esterna e interna) lavorano insieme per dare vita ad una nuova o migliorata identità aziendale. Un impegno profondo, ma che può portare grandi risultati. Infatti, se costruita in modo efficace, l’identità ESG porterà nuova linfa vitale, garantendo una presenza sul mercato più stabile e vantaggiosa, almeno sotto quattro punti di vista, come evidenziato dal professor George Serafeim della Harvard Business School (“Social-impact efforts that create real value” in HBR september-october 2020 issue):

 

  • Un maggior focus ESG può aiutare il management a ridurre i costi di capitale e a migliorare l’appetibilità dell’azienda. Infatti, visto il numero sempre crescente di investitori che sceglie di investire in aziende con una performance ESG più forte, ci saranno capitali maggiori a disposizione.

 

  • Interventi positivi e trasparenza in materia ESG possono aiutare le aziende a proteggere il loro valore sul mercato, evitando oscillazioni legate alle iniziative di regolatori nazionali e nazionali di imporre ESG disclosures. Un trend che non riguarda solo i paesi sviluppati ma anche molti mercati emergenti, tra cui Cina, Sudafrica, Brasile e India.

 

  • Gli sforzi per garantire pratiche sostenibili contribuiranno a mantenere la soddisfazione degli stakeholder nei confronti della leadership del consiglio di amministrazione. Bisogna infatti considerare che se sempre più investitori con un sempre maggior numero di asset under management si impegnano a investire in modo sostenibile, avranno più potere di voto per apportare cambiamenti.

 

Ma il più grande vantaggio dell’adozione di una identità ESG e della sua comunicazione è connaturato al concetto stesso di identità. Il modo di essere, il DNA dell’azienda è qualcosa che ha un orizzonte di lungo o di lunghissimo periodo. Può evolvere, certo, ma “essere” ESG compliant è una garanzia rispetto al fatto che il “fare” sarà di conseguenza ESG compliant. Le pratiche ESG fanno parte di strategie a lungo termine e ogni azienda ha bisogno di investitori che sostengano il purpose dell’azienda, la visione e i piani del management per il futuro.

 

Il sentiero da percorrere andrà quindi a toccare l’essenza stessa del business, per operare quell’evoluzione necessaria da impegno CSR a identità ESG che consentirà di affrontare un futuro ormai inequivocabilmente orientato alla sostenibilità.

categorie: opinioni e attualità