FINANZA E DIRITTO...A PAROLE

Meno conflitti e più problem solving: le opportunità di creatività e pensiero laterale per gli avvocati

Before there are cases, there are human beings with problems” così scriveva la professoressa Janeen Kerper della California Western School of Law nel paper “Creative Problem Solving vs. The Case Method: A Marvelous Adventure in Which Winnie-the-Pooh Meets Mrs. Palsgraf”.

 

Facciamo conto che uno “human being with a problem” bussi alla porta del vostro studio (o vi richieda una videocall, visti i tempi che corrono), che cosa si aspetta da voi? Facile, direte. Si aspetta una soluzione al suo problema. Inizierete allora quel processo di tipizzazione della fattispecie concreta per riconfigurarla in termini di diritto. Per fare questo, selezionerete i fatti giuridicamente rilevanti, funzionali alla posizione che vorrete difendere. Trasformate quindi il “problem” in un “case”.

 

Ma siamo proprio sicuri che questo sia ciò di cui il cliente dall’altra parte della webcam abbia bisogno? Sul punto le opinioni divergono. Volendo adottare la tradizionale prospettiva del case method, il compito dell’avvocato è quello di consigliare i clienti rispetto alle conseguenze legali di particolari corsi d’azione e difendere i loro interessi.

 

Come sostiene la Kerper, fare l’avvocato limitandosi all’analisi e alla gestione di diritti e responsabilità significa perdere l’opportunità di prevenire o risolvere i problemi riconciliando o ridisegnando quelle relazioni in cui essi sono nati e cresciuti. Cogliere quell’opportunità significa invece rispondere al vero bisogno della persona che bussa alla vostra porta e che dunque sarà molto contenta di farlo ancora.

Un bisogno che spesso, avrete sperimentato, è “mascherato” da problema unicamente legale mentre le implicazioni e conseguenze sociali, economiche, emotive, relazionali hanno un peso specifico nettamente superiore. Un ambito in cui questo aspetto appare più evidente è senza dubbio il diritto di famiglia.

 

Ragionare in termini conflittuali e di posizioni contrapposte di fronte ad un problema è il modello di ragionamento comune a tutti i dottori in Giurisprudenza, almeno fino alla proclamazione.

 

Eppure, nella loro quotidiana attività, gli avvocati assumono pian piano la consapevolezza che quel modello di ragionamento è necessario ma non sufficiente. Necessario perché mantiene acceso il riflettore sull’output ultimo e sovrano del problema: il giudizio risolutorio da parte dell’organo di volta in volta competente. Non sufficiente perché restringere la prospettiva alle sole implicazioni legali può comportare delle distorsioni notevoli e non consentire di affrontare efficacemente il problema, come per esempio può essere il caso mutatis mutandis della medicina difensiva.

 

Per quale motivo allora è così difficile adottare ulteriori modelli di ragionamento? Volendo semplificare anni di ricerca e considerazioni di psicologi e studiosi comportamentali, perché il nostro cervello cerca la soluzione più semplice e rapida e ciò lo porta ad applicare il modello di pensiero con è più a suo agio o a cui è più abituato quando è posto di fronte ad un problema.

 

Ma come si è creato questo tradizionale modello di legal reasoning? Immaginiamo il cervello di una matricola come se fosse una superficie omogenea fatta di gelatina. Se ci versiamo sopra un cucchiaio di acqua calda, un po’ di gelatina si scioglierà e si creerà un avvallamento. L’avvallamento sarà tanto più profondo quanti più cucchiai d’acqua calda verseremo su uno stesso punto. Quindi, dopo 5 anni in cui sul cervello/gelatina viene costantemente versato un cucchio d’acqua sullo stesso punto, l’avvallamento diventa un canyon dalle pareti altissime e impossibili da scalare.

 

Venir fuori da quel canyon è fattibile? Sì. Ma non è necessario per gli avvocati che intendono la loro professione unicamente votata al trasmettere conoscenza giuridica o consulenza legale. Per questo il modello scavato è più che sufficiente non affrontando il problema del cliente bensì solo un aspetto del problema, quello legale.

 

Per chi invece è convinto che essere avvocato significhi affiancare il cliente nell’affrontare una situazione a 360 gradi, tenendo in considerazione tutte le difficoltà che essa presenta inclusa quella legale, creare nuovi modelli in grado di aprire nuove vie è una capacità preziosa, in grado di aumentare molto le probabilità di trovare la soluzione efficace.

 

Come si fa? Conoscendo e imparando ad utilizzare alcuni strumenti come l’ascolto attivo, per individuare davvero il perimetro del problema, o il pensiero laterale. Questi e altri strumenti in grado di liberare una capacità dalla forza straordinaria che riposa in ognuno di voi: la creatività.

 

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