Finanza e Diritto...a parole

Il paradosso del CREDIT CRUNCH

Mattina. Giovanna prepara in cucina la tavola per la colazione prima di tirare giù dal letto il piccolo Matteo. Piccolo, in realtà, non è più: ha sette anni e sentenzia spesso, con tono un po’ tracotante, mamma, sono grande adesso. Questo suo essere grande, a colazione, ha significato l’abbandono del biberon con i biscotti Plasmon e la conquista del latte con i cereali, chiaramente al cioccolato.

Ogni giorno Matteo aggredisce la ciotola ricolma con entusiasmo, ad ogni cucchiaiata, la bocca straripante lascia gocciolare un po’ di latte e si impegna in quel crunch crunch il cui suono riempie la cucina.

Però ci sono altre bocche che possono fare crunch crunch, nel qual caso il rumore non avrebbe tanto il gusto del buongiorno: le bocche delle banche, quando masticano crediti.

Il credit crunch è per l’appunto quella situazione in cui l’accesso al credito viene ristretto. In altre parole, gli istituti finanziari, soprattutto le banche, si rifiutano di accordare prestiti. Non direttamente, ma adottando politiche di innalzamento dei tassi di interesse o inserendo criteri più rigidi di valutazione del merito creditizio.

Mentre per Matteo quel crunch crunch è una piccola conquista, lo stesso non si può dire per l’economia di un paese. Stretta creditizia significa, mancate possibilità di sviluppo per le piccole e medie imprese, significa difficoltà di accendere un mutuo per la casa se non in possesso di una fonte di reddito certa e costante. Come già abbiamo avuto modo di illustrare, un pilastro fondamentale nel girotondo dell’economia è il rischio che deriva da situazioni di incertezza. Traducibile in valore attraverso il tasso di interesse, vero, ma comunque difficile da affrontare e metabolizzare per l’animo umano, nonostante ci proclamiamo tutti, nel mondo dell’economia, degli agenti economici razionali. La realtà, invece, è che di fronte ad una situazione di rischio, è molto difficile riuscire razionalmente a porre a confronto costi e benefici di tutte le possibili azioni perseguibili per poi scegliere quella ottimale.

In Italia, i dati affermano ormai ufficialmente che i livelli dell’attività produttiva nazionale non riescono a raggiungere quelli che avrebbero raggiunto se tutti i fattori produttivi a disposizione fossero utilizzati in maniera efficiente: siamo entrati in recessione. Questo, per gli istituti di credito, è un fattore di incertezza ciclopico se accompagnato dall’aumento del debito pubblico. Per definizione, i momenti di difficoltà sono quelli in cui ci si dice: coraggio, stringiamo i denti. E in effetti, l’unico modo per affrontare l’incertezza, il rischio, le difficoltà, è avere qualcosa in cui si crede. Matteo, per esempio, nella sua piccola sfida dal biberon al latte con i cereali, era fortemente convinto che questa battaglia significava diventare più grande. Ogni volta che noi prendiamo una decisione, siamo sempre guidati da ciò in cui crediamo, noi agenti economici razionali…

Se è vero che le cause del credit crunch possono essere di varia natura, quella dell’assenza di fiducia da parte degli istituti finanziari nel sistema economico ci mostra come, al di là delle apparenze, anche la finanza è un prodotto “umano”. Così le banche, che avrebbero in teoria interesse a prestare in quanto è grazie alla circolazione di capitale che ottengono profitti, contribuiscono paradossalmente al calo degli investimenti e quindi della crescita economica.

Dicono che recessione e credit crunch vanno a braccetto, ma sapevate che in astronomia il moto di recessione è attribuito all’espansione dell’universo?

Nono appuntamento con la rubrica “Finanza e diritto…a parole” su MAG di Legalcommunity.

categorie: finanza , opinioni e attualità