Finanza e Diritto...a parole

CDS: i fratellini dello spread che guardano al domani

Già una volta abbiamo parlato di fiducia, a proposito dello spread. Si era detto che, nel mondo della finanza, sfiducia significa incertezza, incertezza significa rischio e rischio significa interessi più alti. La trasformazione dell’incertezza nell’aumento degli interessi è una dinamica chiave dei meccanismi finanziari, eppure c’è anche un’altra strada da percorrere: la gestione attiva del rischio.

Lo spread, indicando quanto oscilla la fiducia del mercato sui titoli di stato rispetto ai bund tedeschi, rappresenta, potremmo dire, un “indice di sfiducia” che attesta a quali condizioni investitori e stato negoziano: più è alto, più lo stato coinvolto non risulta economicamente affidabile, più è basso, più è degno di fiducia.

Gli indici, si sa, fotografano una situazione. E se, in questa situazione di incertezza, gli operatori finanziari potessero “fare qualcosa” rispetto al rischio che lo spread fotografa? J.P. Morgan, agli inizi degli anni ’90, ha risposto a questa domanda creando i Credit Default Swap.

I CDS sono degli strumenti finanziari derivati attraverso i quali gli investitori possono gestire attivamente il rischio sul proprio portafoglio di titoli. I Credit Default Swap infatti proteggono dal rischio di default dell’ente da cui l’investitore acquista i titoli. Quindi, ad esempio nel mercato dei titoli di stato, se prima l’investitore, comprando titoli con spread elevato, passivamente decideva di accettare la situazione fotografata dallo spread e sostenere il rischio di insolvenza di uno stato, adesso ha la possibilità di prendere due piccioni con una fava: fare un investimento rischioso ma con alti tassi di interesse e assicurarsi di recuperare l’ammontare dell’investimento nel caso di default. I CDS non vengono scambiati in mercati regolamentati ma nei mercati Over The Counter (OTC), hanno normalmente una durata quinquennale, ed il loro valore indica semplicemente quanto costa assicurarsi contro un default per 5 anni.

E in effetti, i CDS rappresentano concettualmente proprio un’assicurazione, e funzionano più o meno così. Poniamo il caso che finalmente Giada, dopo infinite contrattazioni con i suoi genitori, ottenga finalmente il motorino. Sicuramente per lei il momento più entusiasmante sarà andare alla Piaggio e scegliersi la sua Vespa, ma per mamma e papà il momento più importante sarà sottoscrivere una polizza assicurativa, furto e incendio, che non si sa mai, ha sempre la testa fra le nuvole, Giada. Quando i genitori, comprando il motorino, coscientemente accettano una serie di nuovi rischi: il fatto che Giada possa essere investita, la Vespa rubata o incendiata. Ma, stipulando contestualmente un’assicurazione, si assicurano che il valore della Vespa venga loro restituito in caso di furto o incendio. Verseranno dunque alla compagnia assicurativa il premio e questa in cambio coprirà una parte del rischio, perché resta sempre l’incertezza che un giorno  Giada non torni a casa, ma non c’è denaro che possa risarcire quella perdita.

Allo stesso modo, se il signor Rossi compra dei titoli di stato italiani, coscientemente accetta, specie in caso di spread elevato, un rischio che prima non lo toccava: l’insolvenza dell’Italia. Può allora fare come i genitori di Giada e stipulare un contratto, non con un’assicurazione ma con un istituto finanziario, che gli garantisca del denaro nel caso di insolvenza del debitore Italia. Cioè può comprare CDS. Come l’assicurazione richiede il pagamento di un premio, così l’acquisto dei Credit Default Swap ha un costo che riflette il valore del trasferimento del rischio di insolvenza. Il signor Rossi, in caso di default del paese, si vedrà rimborsare dalla società finanziaria il valore nominale dei BTP coperti dal Credit Default Swap. Quindi, se il signor Rossi decide per il grande acquisto in un momento in cui l’assicurazione sul fallimento BTP della Repubblica Italiana costa 345,5 punti base, per sottoscrivere un CDS dovrà pagare il 3,46% del valore nominale dei titoli acquistati come premio alla società finanziaria.

La differenza fra assicurazione e CDS, che ha portato alla progressiva trasformazione di questi strumenti da assicurativi a speculativi, sta nel fatto che i CDS non sono legati a nulla di fisicamente esistente. Sarebbe impossibile vendere al dottor Bianchi la polizza assicurativa stipulata dai genitori di Giada poiché è legata alla Vespa. Invece, i CDS già stipulati si possono vendere autonomamente: è possibile acquistarli anche senza possedere titoli di stato e questo li ha resi strumenti con cui assumere posizioni speculative.

Nelle vicende finanziarie di uno Stato, spread e CDS restano fratelli. Se il valore dello spread racconta un momento preciso, ritrae un giorno, o un’ora, i CDS parlano del domani.

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Primo appuntamento del 2019 con “Finanza e Diritto…a parole”, la rubrica di Barabino & Partners Legal su Mag di Legalcommunity

categorie: finanza , opinioni e attualità